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Cinema e Adolescenza. Racconto di un viaggio

Questo è il racconto di un piccolo viaggio… una “mini-crociera” attorno all’arcipelago dell’adolescenza. Timonieri: due psicologi, un uomo e una donna; il resto dell’equipaggio: un gruppo di giovani uomini e donne in cammino. 
Abbiamo incontrato burrasche e giornate assolate, mare mosso e liscio come l’olio. Rimanendo a pelo d’acqua, con rapide immersioni nella profondità marina ed il cielo sempre aperto su di noi, abbiamo imparato a ri-conoscere i paesaggi intorno, tanto simili a quelli che vedemmo un tempo, ma al tempo stesso, diversi. 
Siamo sbarcati con la consapevolezza gioiosa di essere riusciti, talvolta, a scambiarci di ruolo, di aver condotto ma anche di esser stati condotti, di aver condiviso, percorso insieme un tratto.

Con la voglia di salpare presto per un altro viaggio.

PREMESSE TEORICHE

Il progetto CINEFORUM: SPETTATORI e ATTORI è stato ispirato da due modelli teorici di prevenzione e promozione della salute: l’Educazione Psicoaffettiva e la Cineterapia.

L’ Educazione Psicoaffettiva implica un’attenzione per lo sviluppo personale e sociale degli allievi e per la promozione della loro autostima, del loro sentirsi “bene nella propria pelle”.

Inoltre privilegia la dimensione interpersonale e riconosce che lo sviluppo di capacità sociali ed interpersonali è centrale nell’esistenza di ognuno.

L’Educazione Psicoaffettiva sottolinea l’importanza di offrire sostegno e guida agli studenti e di riconoscere che le componenti cognitive ed affettive dell’educazione sono collegate tra loro. E’ dimostrato infatti che l’apprendimento di conoscenze e contenuti trae enorme vantaggio da un clima affettivo positivo in classe e a scuola, che rappresenta anche un notevole fattore di protezione rispetto al rischio di abbandono scolastico.

La Cineterapia pone il cinema come innovativo strumento di cura e come possibilità di evoluzione umana. Lungi dall’essere unicamente “cura di qualcosa che non va”, si presenta come possibilità di “prendersi cura dell’anima” attraverso un percorso in cui vengano stimolate sensazioni, percezioni, emozioni, immaginazioni e relazioni allo scopo di imparare a stare meglio.

Con questa accezione, ormai da molti anni, il termine terapia viene anche utilizzato come suffisso di molte forme di arti: la fotografia, la musica, la danza, il teatro e, appunto, il cinema. In tal senso qualsiasi Arteterapia può essere considerata un prezioso strumento per intraprendere un “viaggio introspettivo” verso la consapevolezza e favorire cambiamenti di alcune modalità comportamentali o atteggiamenti mentali disfunzionali.

La visione di film attinenti alle problematiche che si stanno affrontando nella vita stimola infatti la riflessione e la discussione sui sentimenti e sulle emozioni suscitate, su comportamenti e atteggiamenti disfunzionali che gli spettatori riconoscono nei propri vissuti, su motivazioni ed emozioni che sembrano solo individuali e che invece il cinema dimostra appartenere a tante persone.

Ciò avviene principalmente attraverso due meccanismi psicologici, che permettono allo spettatore di coinvolgersi emotivamente nella situazione cinematografica:

l’Identificazione: meccanismo di difesa attraverso cui il soggetto assimila un aspetto, una proprietà, un attributo di un’altra persona e si trasforma, parzialmente, sul modello di quest’ultima. Per mezzo dell’Identificazione lo spettatore può “essere” o solo un personaggio in particolare (identificazione unica) o di volta in volta tutti i personaggi del film (identificazioni plurime e laterali);

la Proiezione: si affrontano i conflitti interni o gli aspetti più spiacevoli di sé cogliendoli, come oggettivi, negli altri. Nel tentativo di delineare le qualità e il comportamento dei protagonisti del film, lo spettatore attua dei processi proiettivi, arricchendo di elementi psicologici propri di tutti i singoli personaggi.

L’identificazione con i personaggi di una storia immaginaria rappresenta dunque un’occasione facilitata di parlare di sé “come se”, percependo nel film una somiglianza che ospita le diversità: da una parte ci si riconosce, acquisendo consapevolezza di sé, dei propri vissuti, ma anche del contesto socio-culturale nel quale si vive, dall’altra s’immaginano possibilità comportamentali ed esistenziali differenti.

La fase di discussione immediatamente successiva alla visione di un film, privilegiando da una parte la dimensione dello scambio interpersonale, funziona, dall’altra, da contenitore di sensazioni ed emozioni, accolte e condivise dal gruppo con la mediazione dei conduttori psicologi.

Nei laboratori esperienziali che seguono di qualche giorno la proiezione, si valorizza infine la facoltà di giocare con le diverse possibilità di esistere, stimolando la risoluzione positiva di conflitti, la gestione creativa di disagi psicologici e la nascita di nuove opportunità emotive e cognitive di conduzione della propria vita.

Sulla base del principio del Learning by seeing and doing si propone quindi ai ragazzi di passare dallo status di Spettatori a quello di Attori, sperimentando la possibilità di montare, smontare e rimontare le scene del film, di scegliere personaggi vicini a sé e quelli che hanno suscitato resistenze, d’inserire cambiamenti e nuove possibilità, di trovare soluzioni alternative alle situazioni vissute dai personaggi.

SVOLGIMENTO DEL PROGETTO

Il percorso ha previsto la partecipazione libera dei ragazzi in orario extrascolastico attraverso la visione di 4 film (e relativi laboratori) scelti ad hoc per affrontare temi attuali e vicini al mondo degli adolescenti, in un ideale percorso “dalla famiglia all’individuo”:

“Genitori & Figli: agitare bene prima dell’uso” di Giovanni Veronesi (2010)
“Ovosodo” di Paolo Virzì (1997)
“Tutta la vita davanti” di Paolo Virzì (2008)
“Will Hunting – Genio Ribelle” di Gus Van Sant (1997)

Ogni settimana le proiezioni sono state immediatamente seguite da un momento di confronto e discussione “a caldo”, per raccogliere in maniera del tutto spontanea e meno “razionalizzata” le impressioni dei ragazzi nel loro ruolo di spettatori. Successivamente, il giorno o la settimana successiva, sono stati svolti 4 laboratori esperienziali collegati alle suggestioni suscitate dai film osservati.

In questa sede è stato chiesto agli studenti ed alle studentesse di divenire “attori”, in alcuni casi riscrivendo e reinterpretando varie scene delle pellicole viste, in altri casi, assumendo un ruolo maggiormente attivo nei lavori proposti, focalizzati sul senso dell’identità in adolescenza.

Gli studenti che hanno preso parte al progetto sono stati in tutto 11 (6 femmine e 5 maschi), fra i quali 4 di origini straniere; tutti con un’età compresa fra i 16 e i 18 anni.

Un’importante ricaduta positiva subito evidente è stata quindi quella sul processo d’integrazione dei ragazzi portatori di “diversità”.

Nel nostro caso soprattutto le differenze di genere, quelle relative al paese d’origine, oppure alle condizioni socio-ambientali d’appartenenza hanno trovato la possibilità di esprimersi attraverso la visione e la discussione dei vari film proposti: l’identificazione con la diversità dei protagonisti ha permesso infatti di riconoscersi e di sentirsi riconosciuti senza il timore di perdere la propria identità.

Rispetto al lavoro di prevenzione e promozione del benessere i ragazzi e le ragazze hanno mostrato di accogliere molto bene questa duplice modalità, di “osservazione partecipe” nel ruolo di spettatori e successivamente di “attivazione emotiva” in veste di attori, per affrontare temi centrali dello sviluppo evolutivo: i conflitti fra genitori e figli, le difficoltà relazionali fra pari collegate al bisogno di accettazione e appartenenza, le forti emozioni connesse allo sviluppo sentimentale e sessuale, la ricerca di una nuova identità anche attraverso trasgressioni e ricerca del rischio, il rapporto con l’alterità, l’adattamento al mondo della scuola e del lavoro ed il passaggio all’età adulta.

1° Film“Genitori & Figli: agitare bene prima dell’uso”+ 1° Laboratorio

Il primo film, di stringente attualità, ha emozionato e coinvolto parecchio i ragazzi.

Essi si sono rispecchiati particolarmente nei conflitti generazionali fra genitori e figli, che, seppur presenti in ogni epoca, vengono rappresentati in questa pellicola in maniera dinamica e contemporanea, permettendo ai ragazzi un avvicinamento emotivo-cognitivo ai temi proposti piuttosto spontaneo, effettuato tramite un  linguaggio a loro familiare.

genitori e figli

La presenza massiccia di comunicazioni “mediate” (telefonate, sms, riprese con il cellulare), aspirazioni televisive da “Grande Fratello”, separazioni coniugali, genitori “irrisolti” ed infantili, sessualizzazioni precoci, ed, infine, atteggiamenti razzisti anch’essi assunti in maniera precoce ed inconsapevole, ha permesso ai ragazzi di riconoscersi, ma anche di riconoscere la società nella quale sono nati e cresciuti, caratterizzata dalla spettacolarizzazione di sé e della propria immagine e da un apparente “svuotamento” di contenuti nelle relazioni.
Il film ha fornito quindi lo stimolo ad alcuni di loro, per lo più ragazze, per accennare ai conflitti con i propri genitori, all’incomunicabilità spesso presente ed alla sofferenza che questa comporta.

Nel laboratorio successivo, a distanza di una settimana, i ragazzi hanno potuto fornire un’ opinione maggiormente sedimentata e “critica” del film: una ragazza, in particolare, manifesta la sua insofferenza per la superficialità della pellicola, che non “scende in profondità” nella rappresentazione dei vari conflitti, mentre altri ne lodano la capacità di narrazione efficace della realtà attuale.

E’ emersa in questa sede una certa dose di angoscia, soprattutto rispetto alla mancanza di istruzioni o indicazioni che possano arginare il caos emotivo-relazionale messo in scena.

Proprio al fine del contenimento di queste ansie più o meno presenti in tutti i ragazzi abbiamo proposto loro la riscrittura autonoma, in piccoli gruppi, delle scene a loro giudizio maggiormente “frustranti”, con la possibilità d’inserire dialoghi e personaggi differenti e l’allestimento di una messa in scena finale.

Il clima nel quale si è svolto questo primo laboratorio è parso vivace, ansioso, produttivo: i ragazzi sono sembrati un po’ preoccupati dal compito di dover “slegare” la propria fantasia, ma, superate le prime resistenze anche grazie al sostegno dei conduttori, sono riusciti a coinvolgersi con entusiasmo e a collaborare fra loro, nonostante alcuni/e non si conoscessero bene.

Da sottolineare, nelle scene create dai piccoli gruppi, l’emersione inaspettata di temi quali i “riavvicinamenti coniugali fra genitori in momenti di crisi” e la “presa in carico dei fratelli più piccoli”, che hanno permesso di accedere ad un livello maggiormente profondo e personale nell’analisi dei contenuti proposti, in probabile risonanza con i vissuti personali e familiari di alcuni.

2° Film “Ovosodo”+ 2° Laboratorio

Questa pellicola, risalente a più di dieci anni fa, è stata forse quella meno gradita ai ragazzi. Tutta la contemporaneità del primo film lascia infatti il passo ad una realtà in cui, ancora, la tecnologia ed i media non erano così massicciamente presenti nel quotidiano.

La vita di provincia del protagonista, un adolescente proveniente dalla periferia “Ovosodo” di Livorno con una grande mole di problemi familiari (orfano di madre, con padre in carcere e fratello disabile), seppur descritta con toni ironici e spensierati, non riesce a conquistarsi la simpatia degli studenti.

ovosodo

La reazione di rifiuto dei ragazzi, al di là delle considerazioni estetiche sul prodotto filmico, potrebbe parlare di un possibile disorientamento di questa generazione di fronte a stimoli che si differenzino da quelli iperconosciuti e rassicuranti offerti dalla tv e dai media degli anni 2000. L’Italia rappresentata non è poi così lontana, ma, ai loro occhi, risulta totalmente estranea.

L’attenzione degli studenti si posa soprattutto su alcuni aspetti: la mancanza di possibilità di scelta, l’impossibilità di realizzare i propri talenti, la presenza di sofferenza e patologia mentale.

L’interpretazione del film è stata quindi piuttosto cupa e “meccanicistica”; anche in questo caso il finale, con mancanza di certezze da parte del protagonista, ha fatto emergere nuovamente l’angoscia correlata alla costruzione di un’identità adulta: la necessità di costruire relazioni “autentiche” (sia d’amore che d’amicizia), di creare un progetto lavorativo soddisfacente e di realizzarsi anche spiritualmente. Tutti compiti evolutivi che sembrano creare una forte ansia nei ragazzi, forse maggiore rispetto a quella delle generazioni che li hanno preceduti.

Nel laboratorio successivo abbiamo proposto di riscrivere alcune scene del film, ma con maggior “specializzazione” dei ruoli: sono stati introdotti infatti un regista ed uno sceneggiatore in ogni gruppo, le cui indicazioni dovevano essere seguite scrupolosamente da tutti gli attori .

Questa nuova organizzazione del lavoro, se da una parte ha favorito la riscrittura creativa delle parti meno apprezzate del film (con l’eliminazione di dettagli riguardanti, ad esempio, le differenze di classe sociale), dall’altra è riuscita a contenere meglio l’ansia da performance, con l’introduzione di ruoli ed obiettivi definiti: i registi, scelti ad hoc dai conduttori, sono sembrati facilitati e gratificati dalla nuova funzione acquisita, il cui esercizio può promuovere la sensazione di essere competenti, il senso di padronanza sul reale e l’autostima personale.

3° Film “Tutta la vita davanti” + 3° Laboratorio

Con la proiezione di questa terza pellicola siamo tornati repentinamente ai nostri giorni: il film affronta con cruda ironia i temi della precarietà lavorativa ed esistenziale di chi, oggi, si affaccia al mondo del lavoro.

tutta la vita davanti

I ragazzi, nei primi scambi di battute successivi alla proiezione, hanno individuato alcuni temi a loro parere centrali nella pellicola:

  • Il passaggio dal mondo della formazione al mondo del lavoro
  • Il problema della disoccupazione
  • Le difficoltà che si possono incontrare nel lavoro
  • Il valore della conoscenza

Il laboratorio ha inizio con un primo giro di opinioni in cui ciascuno ha esposto come si vedeva da lì a dieci anni. In questo primo scambio di battute sono emerse una certa insicurezza e confusione, soprattutto per quanto riguarda le ragazze, che sono sembrate tendere a “rifugiarsi” in antichi modelli d’identità femminile (forse più appartenenti alle generazioni delle loro mamme o nonne) scoraggianti l’autonomia personale e l’autorealizzazione anche in ambito professionale; oppure sono emersi sogni di gloria e successo vagamente “scollegati” dalla realtà. Per quel che riguarda i ragazzi, invece, è emersa l’importanza di costruire un progetto di lavoro e di vita proprio, che corrisponda alle autentiche inclinazioni personali, piuttosto che appiattirsi su modelli già presenti in famiglia (padri, zii, nonni, fratelli maggiori) effettuando delle “non scelte”.

Successivamente tutti hanno indicato la scena che gli è rimasta maggiormente impressa nella memoria: ciascuno ricorda una scena differente, e, attraverso i meccanismi di identificazione/proiezione che guidano le scelte, rivela anche particolari personali, dei propri vissuti e bisogni emotivi.

Il laboratorio è proseguito con un’attività di associazioni libere sul futuro e con un’attività di scrittura creativa sull’avvenire personale: “Paure, Desideri, Aspettative Altrui“. Il prodotto finale di quest’ultima attività non è stato condiviso con gli altri, sia per favorire la libera espressione delle proprie emozioni attraverso la garanzia della privacy, sia per enfatizzare il valore soprattutto personale del lavoro di introspezione richiesto.

L’intensità emotiva di questo incontro è sembrata maggiore rispetto ai precedenti: i ragazzi hanno abbassato le difese, iniziando ad esprimersi con più fiducia, esponendo anche le proprie fragilità.

4° Film “Will Hunting – Genio Ribelle” + 4° Laboratorio

Quest’ultima proiezione è stata sicuramente la più coinvolgente ed apprezzata dalla maggior parte del gruppo, ma anche la più difficile per alcuni.

Il film è piuttosto complesso, toccando molti temi: l’isolamento; la ricerca di un padre (e di un figlio) tra due persone appartenenti a generazioni differenti ma affini; la necessità di liberarsi di un’infanzia infelice per andare avanti; la difficoltà di vivere di un genio – o, comunque, di un “diverso” – che non vuole farsi assorbire o stritolare dal sistema; la difficoltà a rapportarsi con sé, a costruire una solida autostima; la difficoltà di amare e farsi amare.

will hunting

Si sono coinvolti tutti parecchio, in particolar modo le ragazze.

Un paio di ragazzi, invece, hanno mostrato evidenti segnali di insofferenza durante la visione del film, con la tendenza ad “andare via con la testa” e ad esprimere indirettamente la propria aggressività tramite un atteggiamento superficiale e “disinvestito” affettivamente.

La sensazione è che la messa in scena dell’aggressività maschile di un giovane uomo che la usa sia con sé che con gli altri, non sempre per raggiungere positivamente i propri scopi, ma più spesso per allontanare da sé mete ed affetti, abbia risuonato internamente in alcuni giovani spettatori, anch’essi di sesso maschile, risvegliando profonde angosce collegate all’utilizzo della propria forza e della propria sessualità per divenire maschi adulti e felici.

Nel laboratorio successivo, dunque, siamo partiti proprio dalle emozioni suscitate dal film, ed ecco le risposte dei ragazzi, chiamati a definire la pellicola con una parola:

Emozionante, Affetto, Coinvolgente, Amore, Riflessione, Noioso, Realistico, Bello, Coinvolgente, Riflessivo

Poi ciascuno ha parlato di sé, di quel che sa fare e che vorrebbe realizzare nella vita, allo scopo di mettere a fuoco abilità, competenze, capacità progettuali; tramite la discussione dei contenuti emotivi stimolati da quest’ultimo film, è emersa, per alcuni, una scarsissima autostima individuale.

E’ stata quindi proposta una nuova attività di scrittura: i ragazzi sono stati abbinati e, in base alla conoscenza reciproca, si sono rispecchiati l’un l’altro due aspetti positivi del carattere ed un aspetto che invece andrebbe modificato poiché potrebbe causare sofferenza o problemi relazionali.

Questa esperienza ha attivato molto i ragazzi sia dal punto di vista emotivo che cognitivo e gli scambi verbali seguenti, seppur talvolta imbarazzati, sono risultati utili e mai banali.

Attività di “rispecchiamento” come questa, effettuate in una cornice di fiducia e di sicurezza, possono essere molto positive per adolescenti chiamati continuamente a trasformare l’immagine di sé; tramite il confronto con gli altri si può evitare/contrastare la creazione di fantasie, pensieri angosciosi e/o ossessivi sulla propria identità e promuovere un oggettivo esame di realtà.

In conclusione ritengo che l’ esperienza del progetto “Cineforum: Spettatori e Attori” possa considerarsi indubbiamente positiva.
Il confronto con il mezzo cinematografico si è rivelato efficace ai fini dell’esplorazione di sé e del mondo e al tempo stesso molto rassicuratorio per adolescenti alle prese con frequenti dubbi e domande su di sé e sugli altri.
In particolare mi sembra veramente importante sottolineare il valore di cornici spazio-temporali come queste, liberate dalla TV e dal consumo, ritagliate all’interno della scuola, che si fa veicolo in tal modo non solo di cultura, ma anche di socializzazione “altra”, maggiormente coinvolgente e riflessiva rispetto a quella abitualmente proposta a ragazzi adolescenti. Il rischio è infatti che la società attuale guardi a loro, al di fuori del contesto scolastico, sempre più solo come potenziali consumatori e sempre meno quali persone in via di sviluppo, che hanno bisogno di divertirsi, pensare, creare e confrontarsi, con l’appoggio e la mediazione degli adulti, alla ricerca di un’identità altra, al di là di stereotipi, paure e pregiudizi che spesso governano il rapporto fra il mondo degli adolescenti e “l’esterno”.