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Orientamento scolastico per genitori

Non perdiamo la bussola! Orientamento scolastico per genitori di ragazzi in terza media

scelta

INTELLIGENZA, INTELLIGENZE e CONFUSIONI
La scelta della scuola superiore rappresenta, per la quasi totalità dei ragazzi, il primo importante processo decisionale della loro vita
.
Tale processo di scelta vede al suo centro, protagonisti, preadolescenti maschi e femmine, che dovrebbero essere ascoltati e sostenuti dalle figure adulte di riferimento, primi fra tutti i genitori
Il passaggio dalla scuola media alla scuola superiore è infatti un fondamentale momento di transizione e rappresenta, nella nostra società dai ritmi accellerati, forse l’ultimo rito d’iniziazione rimasto, un ingresso al tempo stesso precoce, simbolico ed istituzionalizzato nel mondo degli adulti. Come ogni rito di passaggio  necessiterebbe quindi di una o più guide  “anziane” (insegnanti, genitori, psicologi, parenti, giovani che hanno già effettuato il passaggio) che attivino una serie di azioni finalizzate all’ incremento delle informazioni a disposizione dei ragazzi e al tempo stesso creino occasioni di  ascolto, scambio e confronto utili al fine di rinforzare la motivazione personale e le capacità di auto-orientamento dei preadolescenti. Questo percorso è spesso molto impervio e complicato non solo per i singoli individui coinvolti, ma anche per gli interi nuclei familiari, poichè, al suo interno, contiene almeno 3 fattori:

  • la messa a fuoco delle attitudini individuali;
  • il sostegno alla motivazione personale (desideri, interessi, sogni);
  • l’esplorazione e la valutazione della motivazione sociale (mercato del lavoro e probabilità di successo).

La prima complicazione deriva dal fatto che non sempre le attitudini, i cosiddetti “talenti”, corrispondono a delle competenze. Infatti l’attitudine può essere definita come la predisposizione ad apprendere con facilità determinate capacità; è quindi di solito circoscritta ad ambiti specifici (ad es. attitudini artistiche, predisposizione al ragionamento logico, attitudini manuali etc.) ma per fare in modo che da essa si sviluppi una competenza c’è bisogno di applicare, sperimentare sul campo e potenziare la propria predisposizione “naturale” a…
La competenza è dunque la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale
; può essere descritta anche in termini di responsabilità ed autonomia.
Risulta evidente come l’individuazione delle proprie attitudini possa influenzare positivamente l’apprendimento e lo svolgimento di determinati studi o mansioni lavorative, e quanto sia importante, per ragazzi e ragazze di 13, 14 anni che ancora hanno una scarsa conoscenza di sè, poter usufruire di spazi di riflessione ed elaborazione predisposti proprio a questo scopo.
L’individuazione delle attitudini personali è un processo che può durare anche tutta la vita e, talvolta, non arrivare mai a compimento. Anche da adulte, alcune persone tendono a trascurare lampi d’intuizione, bagliori che si accendono improvvisamente nell’esercizio di alcune attività e che, se colti, potrebbero illuminare interi percorsi esistenziali. Le attitudini personali, i talenti, hanno infatti a che fare non solo con i buoni risultati che si potrebbero ottenere, ma anche con il PIACERE, che è la motivazione principale della nostra esistenza.
Collegato al piacere c’è anche il fattore della motivazione personale, che è un insieme di desideri, interessi e sogni personali.
Anche in questo caso, è centrale discriminare la dimensione desideriale da quella attitudinale: non sempre, ahimè, ciò che sognamo di fare è ciò per cui siamo portati!

Mi è capitato di confrontarmi con genitori in preda all’ansia, che riportano, in maniera speculare, l’ansia e l’insicurezza dei propri figli; alcuni ragazzi, alle prese con il difficile compito evolutivo di ri-definire la propria identità in quest’età cruciale, sembrano non mostrare alcun interesse, alcuna spinta, nessuna attitudine, nessun talento!
In questi casi cerco di rassicurare genitori e figli sull’esistenza, spesso molto ben nascosta, di un talento personale per ogni singolo individuo.
Infatti il nostro ordinamento scolastico può penalizzare chi non sa scrivere bei temi o fare di conto, tralasciando che nello studio, nel lavoro ed in generale nella vita emergono molte altre forme di intelligenza che possono rivelarsi utili. Il risultato è che spesso i ragazzi, proprio nel momento in cui dovrebbero fare maggiore affidamento su se stessi e sulle loro capacità, iniziano ad autoattribuirsi la patente di “stupido”, “incapace”, “buono a nulla”.
Una teoria molto importante a questo riguardo è quella delle Intelligenze Multiple, illustrata per la prima volta da Howard Gardner nel 1983. Secondo questa teoria è errato credere nell’esistenza di un’unica “intelligenza” obiettivamente misurabile e riconducibile ad un singolo numero, ovvero ad un punteggio “QI” (Quoziente Intellettivo). Secondo Gardner, ogni persona è intelligente in almeno sette modi diversi, ma soprattutto tutti possiamo sviluppare le nostre diverse intelligenze se adeguatamente stimolati ed istruiti.

LE SETTE INTELLIGENZE

Gardner ha ipotizzato successivamente altre due forme di intelligenza:

accanto

Spesso proprio i ragazzi che mostrano alcune difficoltà di rendimento nelle materie letterarie (int. linguistica) o scientifiche (int. logico-matematica) evidenziano al contrario spiccate qualità nella percezione e nell’interpretazione di stati d’animo altrui (int. Interpersonale) o nell’esecuzione di sequenze motorie fini o complesse (int. Cinestetica) o nel riconoscimento di figure e oggetti che hanno subito trasformazioni nello spazio bidimensionale o tridimensionale (int. Visivo-Spaziale).
Quindi gli adulti di riferimento, docenti e genitori, in questo particolare momento di scelta e transizione, ma in verità in ogni momento, sono chiamati ad incarnare pienamente il loro ruolo di educatori, ovvero a portare fuori, portare alla luce (ex-duco = porto fuori) i talenti personali di studenti e figli, che possono esprimersi in tante forme differenti.
Tale compito può essere assunto con difficoltà dal genitore, in quanto richiede prima di tutto la capacità di osservare, ascoltare, so-stare con il proprio ragazzo o la propia figlia, condividendo anche situazioni di estrema CONFUSIONE o apparente VUOTO.
Le mamme ed i papà possono infatti rispondere a tale difficoltà sostituendosi al figlio o alla figlia, fornendo interpretazioni, scegliendo al suo posto e suggerendogli/le le proprie risposte; oppure gli adulti possono ripararsi dietro ad un atteggiamento di apparente rispetto, di stimolazione di un’autonomia personale  che troppo spesso, nascondendo disagio e paura, si traduce in un “abbandono” metaforico del ragazzo o della ragazza in balia delle acque agitate della definizione del sè (es. “lo sa tu quello che devi fare, per me va bene tutto“).
La confusione dell’adolescente, in quanto fisiologica e potenzialmente molto creativa, va invece tollerata: va compresa emozionalmente e razionalmente l’insicurezza (che a volte si presenta al contrario come provocatoria, onnipotente sicurezza adolescenziale) connessa a questa scelta ed in generale al periodo di transizione in cui tale scelta s’inquadra.
Sarebbe opportuno che il genitore, in quanto adulto, mostrasse e trasmettesse da una parte la forza di non farsi invadere dall’angoscia innescata dal processo decisionale, e, dall’altra, la possibilità di non fuggire di fronte all’incertezza.
Questo significa non restare davanti al ragazzo con il dito retoricamente alzato, nè voltargli le spalle, ma mantenersi al suo fianco, affrontando insieme il rischio che ogni scelta comporta ed accettando serenamente anche la possibilità dell’errore.
Condividere senza ansia insieme ai figli il loro processo di crescita significa anche porre, simbolicamente e realmente, dei limiti all’angoscia e all’aggressività, fornire un modello non tanto di ruoli identitari e professionali, ma piuttosto di adultità, ovvero di un modo di essere adulti che non corrisponda all’avere tutte le risposte, ma piuttosto al fare domande, all’affrontare la complessità del mondo con curiosità e senza eccessivo timore.
Tutto ciò spesso risulta problematico sia perchè strettamente collegato alla capacità personale dei genitori stessi di tollerare la confusione e l’ansia, ma anche perchè il dis-orientamento dell’adolescente entra in risonanza, in maniera inconscia, con il modo in cui ogni mamma e papà ha “fatto i conti” con la propria adolescenza, con i propri genitori, con il proprio processo di definizione del sé.

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